Ai fini di una contestazione di spaccio è necessario che la cannabis superi l’effetto drogante rilevante.
In un precedente articolo ho trattato l’argomento della coltivazione di canapa indiana, illustrando l’orientamento degli Eermellini. ( https://www.studiolegalebavaro.it/cannabis-e-cassazione-quando-coltivare-non-e-un-reato/ )
La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha nuovamente trattato il tema della sostanza stupefacente di tipo cannabis, portando chiarezza sulla “cannabis light”. Per la Suprema Corte la vendita di prodotti derivati dalla cannabis industriale, ovvero quella “light” regolata dalla legge 242/2016, è possibile laddove il limite dello 0,2% del principio attivo psicotropo (THC) sia rispettato. La Corte dice anche che per la contestazione dello spaccio non è sufficiente superare tale limite, ma è necessario che si superi “l’effetto drogante rilevabile”, fissato in giurisprudenza allo 0,5%. Le motivazioni forse potranno chiarire ancora meglio il quadro sugli usi consentiti per le infiorescenze.
Si conferma comunque la precedente interpretazione che sosteneva che il limite dello 0,6% fosse una semplice clausola di salvaguardia dalle conseguenze penali per il coltivatore che si fosse trovato, per le normali variazioni colturali della canapa, con piante che in campo superassero tale limite. Questo mette fuori dalla legalità i prodotti che in questi mesi di incertezza normativa avevano giocato sulla forbice 0,2/0,6% di THC per stare sul mercato.
il Ministro Salvini, con una circolare di fine agosto, ha dato il via a numerosi blitz e sequestri di canapa in tutta Italia.. Per rafforzare il filone farsesco Fontana a metà ottobre ha rilanciato l’allarme dell’ex capo del Dipartimento antidroga Serpelloni rispetto alla possibilità di farsi una canna concentrando il THC di 20/30 grammi di cannabis light.
Appare alquanto criticabile la scelta politica della legalizzazione della cannabis light a costi esorbitanti, che altro non fanno che incentivare l’acquisto sul mercato nero. Usare un simile argomento è davvero incredibile. Secondo lor signori un giovane per farsi uno spinello del costo di 10 euro sul mercato nero, forse per amore della legalità, farebbe la scelta di spendere 200 o 300 euro per acquistare il quantitativo di cannabis light per raggiungere lo scopo.
Ma qual è il motivo del successo di un prodotto che pur essendo molto simile a quello illegale, non ha gli effetti psicotropi dell’originale? Si possono forse individuare in particolare due modelli di consumatori a lungo termine:
- coloro che usano la canapa light come succedaneo del tabacco insieme a quella illegale;
- coloro che per età, per indole o per impegni lavorativi all’effetto “high” del THC preferiscono l’effetto più rilassante del CBD.
Superato il boom iniziale della “novità”, il mercato della cannabis light è oggi in stallo. C’è però un interessante lavoro di tre ricercatori universitari, Carrieri (Catanzaro), Madio (York) e Principe (Salerno) che prova a fare i conti di quanto il mercato della cannabis legale abbia influito su quello illegale. Secondo lo studio, che ha confrontato i sequestri di sostanze derivate dalla cannabis prima e dopo l’entrata sul mercato legale di quella light, quest’ultima ha determinato una riduzione dell’11/12% dei sequestri di cannabis laddove esisteva un grow shop. Addirittura, il calcolo delle minori entrate per le narcomafie dovute all’effetto sostituzione arriva fra i 160 e i 200 milioni di euro.