GIULIO ANDREOTTI NON FU ASSOLTO… LA SENTENZA INTEGRALE DELLA CASSAZIONE

 

“ASSOLTO! ASSOLTO! ASSOLTO! La verità sul processo Andreotti è il titolo del libro di Gian Carlo Caselli e Guido Lo Forte (Editori Laterza, 122 pag., 12 euro), procuratore di Palermo all’epoca del processo il primo, pubblica accusa in aula il secondo, insieme a Roberto Scarpinato.

Giulio Andreotti, presidente del consiglio per ben sette volte, altresì famoso per essere considerato un uomo contiguo alla Mafia di Totò Riina, il ramo corrotto dello stato che tratta con l’antistato, non fu mai assolto dal reato associativo.

La falsa notizia circa l’assoluzione si è diffusa negli anni, distogliendo l’opinione pubblica dalla verità processuale e dall’esito disposto dagli Ermellini nella propria sentenza. Nel 1999, i giudici di primo grado, nel processo contro la Mafia e la parte deviata dello Stato, mandarono assolto Giulio Andreotti con l’art. 530 secondo comma c.p.p., ossia per insufficienza probatoria. Avverso tale sentenza assolutoria fu proposto appello da parte dell’ufficio di Procura. Il giudizio d’appello del 2003 non pronunciò l’assoluzione per il “Divo”, entrando nel merito della vicenda circa l’appartenenza ad un’associazione per delinquere,  bensì si limitò a dichiarare la prescrizione, atteso che il reato contestatogli fosse riferito al 1980, per cui non poté essere applicata la fattispecie penalistica del 416-bis c.p., introdotto di fatto solo nel 1982. Nel 2004 La Corte di Cassazione confermò interamente tale ultima sentenza, specificando, una volta di più, come dalle prove emerse si sia acclarato che Giulio Andreotti fino al 1980 abbia commesso il reato di associazione per delinquere, avendo avuto rapporti con Cosa Nostra, ma altresì come il reato fosse prescritto.

Per ribadire questa lampante, ma offuscata, verità non ci sarebbe stato bisogno di fare un libro, ma i magistrati Giancarlo Caselli e Guido Lo Forte, hanno voluto far luce sulla vicenda, specificando la “fake news” diffusa negli anni circa l’assoluzione di Giulio Andreotti.

La Sentenza della Corte di Cassazione è integralmente allegata in calce (link Sentenza-Cassazione-Andreotti-2004-1).

«Livia, sono gli occhi tuoi pieni che mi hanno folgorato un pomeriggio andato al cimitero del Verano. Si passeggiava, io scelsi quel luogo singolare per chiederti in sposa – ti ricordi? Sì, lo so, ti ricordi. Gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sapevano, non sanno e non sapranno, non hanno idea. Non hanno idea delle malefatte che il potere deve commettere per assicurare il benessere e lo sviluppo del Paese. Per troppi anni il potere sono stato io. La mostruosa, inconfessabile contraddizione: perpetuare il male per garantire il bene. La contraddizione mostruosa che fa di me un uomo cinico e indecifrabile anche per te, gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sanno la responsabilità. La responsabilità diretta o indiretta per tutte le stragi avvenute in Italia dal 1969 al 1984, e che hanno avuto per la precisione 236 morti e 817 feriti. A tutti i familiari delle vittime io dico: sì, confesso. Confesso: è stata anche per mia colpa, per mia colpa, per mia grandissima colpa. Questo dico anche se non serve. » (dal film “Il Divo”)

“Cosa vorrei sulla mia epigrafe? Data di nascita, data di morte. Punto. Le parole delle epigrafi sono tutte uguali. A leggerle uno si chiede: ma scusate, se sono tutti buoni, dov’è il cimitero dei cattivi?”  (Giulio Andreotti)

Sentenza-Cassazione-Andreotti-2004-1

Pubblicato da AVVOCATO ALESSANDRO BAVARO

STUDIO LEGALE N. 0964311854

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