L’allarmante situazione delle carceri italiane ai tempi del COVID-19, che nessuno vuole vedere, che nessuno vuole affrontare!
<< Si dice che non si conosce veramente una nazione finché non si sia stati nelle sue galere. Una nazione dovrebbe essere giudicata da come tratta non i cittadini più prestigiosi ma i cittadini più umili>> (Nelson Mandela).
Questa è una frase che fa riflettere, oggi più di allora, in uno stato democratico come l’Italia, basato su diritti inviolabili a tutela dell’uomo e nel rispetto delle regole dettate dalla Corte dei Diritti dell’Uomo (CEDU). La questione carceri ai tempi del coronavirus, difatti, sembra essere relegata a una questione di secondo piano. Il Mondo si è fermato. Il Mondo è cambiato. Vigono regole più rigide e sanzioni pesantissime per chiunque viola le disposizioni di urgenza attuate dal Governo.
Per contenere il diffondersi del Virus bisogna evitare i contatti, oggi, è necessario stare a quattro metri e mezzo di distanza (dal 10 marzo 2020), pur essendo partiti da una distanza consigliata di un metro e mezzo (febbraio 2020) aumentata dopo una settimana a tre metri.
Eppure, un dato statistico trascurato dal Governo è che, il totale dei detenuti nelle carceri italiane – secondo l’ultimo dato ISTAT – è pari a 50581 detenuti: di cui 48.308 uomini e 2.273 donne.
Nelle scorse settimane si sono susseguite ondate di ribellioni in diversi istituti di pena, culminate con evasioni, morti e feriti. Il giudizio delle gente varia, come sempre, tra chi afferma che siano proteste strumentali e chi invece crede che siano proteste per far valere i propri diritti. IO RIENTRO TRA I SECONDI, forse perché assisto molte persone ristrette, di cui la grande maggioranza è ancora in attesa di un giudizio di penale responsabilità, quindi presuntivamente innocente (nel diritto e nella procedura penale, la presunzione di non colpevolezza è il principio secondo cui un imputato è innocente fino a prova contraria. In particolare, l’art. 27, co. 2, della Costituzione afferma che «l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva»).
Il sistema carcerario Italiano è già al collasso: il sovraffollamento è pari al 120%. Un dato gravissimo che porta l’Italia a sborsare milioni per le disposizioni europee violate quotidianamente.
Appare di tutta evidenza che le misure per contenere l’emergenza Covid -19 siano – ad oggi – assolutamente impraticabili all’interno delle carceri, basti pensare alla distanza da mantenere per evitare il contagio, a cui si aggiunge anche la necessaria tutela del personale della polizia penitenziaria, e di operai e impiegati amministrativi che ovviamente non possono esimersi di svolgere il loro lavoro e potrebbero essere un filo conduttore micidiale.
A questa situazione di sovraffollamento le limitazioni dovute alle misure adottate dal Governo per contenere l’epidemia, fino al prossimo 3 aprile hanno comportato, altresì, che i colloqui in carcere si svolgeranno in video o al telefono, e saranno limitati i permessi e la libertà vigilata, mentre maggiore libertà è stata riconosciuta alla detenzione domiciliare, anche se in realtà il provvedimento non è altro che il cosiddetto <<svuota carceri>>, rientrandovi una percentuale bassissima, in base ai criteri dettati dal Decreto Legge.
A più voci i garanti regionali dei diritti della persona avevano richiamato il senso di responsabilità dei Magistrati di Sorveglianza, a cui è stato chiesto di applicare in misura maggiore le misure alternative alla detenzione previste dalla legge, in particolare la detenzione domiciliare, che potrebbe contribuire allo sfollamento delle carceri indispensabile nella attuale situazione sanitaria. I garanti, inoltre, chiedono che presso le case circondariali vengano predisposti i necessari presidi sanitari, a tutela di tutti gli operatori del settore.
Così, il Decreto Cura Italia del 17 marzo 2020 oltre ad aver introdotto misure di sostegno economico per famiglie, lavoratori ed imprese per contrastare gli effetti sull’economia provocati dall’emergenza epidemiologica da Covid-19, dopo le rivolte scoppiate all’interno di numerose carceri italiane a causa dell’emergenza sanitaria ha introdotto disposizione che dovrebbero interessare solo 4000 detenuti, prevedendo la detenzione domiciliare per chi ha meno di 18 mesi di pena da scontare. In particolare, sino al 30 giugno 2020 potranno ottenere la detenzione domiciliare i detenuti che debbono scontare una pena o un residuo di pena fino a 18 mesi, il tutto grazie ad una procedura semplificata, ma che in realtà è esclusa ai soggetti con residuo pena per i reati particolarmente gravi (c.d. reati ostativi art. 4 – bis O.P.). Il Consiglio dei Ministri, con una propria nota, ha chiarito le misure contenute all’interno del decreto ed ha stabilito che la misura sarà applicata dal Magistrato di Sorveglianza, non solo su istanza del detenuto, ma anche per iniziativa del pubblico ministero o della direzione del carcere.
Siamo difronte a un provvedimento aberrante, che non risolve il problema ne tanto meno lo affronta concretamente, concernendo meramente una accelerazione della concessione di quanto già previsto dal Decreto svuota carceri, esistente dal 2010 e dimostratosi dunque inefficace per ben dieci anni, che oggi si vuol far passare come un intervento attuale e come misura di contrasto alla diffusione del Covid-19 all’interno delle carceri.
La questione carceraria in Italia, quindi, continua a ricoprire un ruolo scomodo e secondario. Da una parte si sgomberano i parchi e le strade, dall’altra prevale l’istinto punitivo, anche se il ristretto non sia stato condannato e dunque attende un giudizio di penale responsabilità che travalichi il ragionevole dubbio processuale.
<< NOI A 4 METRI E MEZZO DI DISTANZA. IN CARCERE 8 IN UNA STANZA>>
Una dato certo è che il contagio è già dentro le carceri. Un altro dato certo è quello relativo alle riparazioni per ingiusta detenzione, dunque, in parole semplici, il risarcimento per quei soggetti ristretti prima in custodia cautelare per poi essere stati assolti nel giudizio di penale responsabilità.
Ci sono in media 1057 innocenti in custodia cautelare ogni anno, il tutto per una spesa che supera i 750 milioni di euro in indennizzi, per una media di circa 29 milioni di euro l’anno.
<< E NOI PAGHIAMO!>>