PIGNORAMENTO DELLE PENSIONI: LA CASSAZIONE SI ESPRIME SUI LIMITI

Con la sentenza n. 17386 del 23 aprile 2019, la Cassazione ha stabilito che il pignoramento e il sequestro della pensione in sede penale è possibile solo per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale quando l’accredito in banca è antecedente la misura.

Gli Ermellini hanno affrontato una tematica importantissima relativa alla quota pignorabile sulla pensione nonché al sequestro della stessa. La vicenda in esamina ha riguardato un settantatreenne di Latina, a cui era stato sequestrato il conto bancario, decisione alla quale si era opposta la difesa, invocando giustizia al Tribunale del Riesame, che diversamente confermava il provvedimento.

Decisione inaccettabile per cui veniva proposto ricorso in Cassazione, catapultato all’attenzione della Terza Sezione Penale, la quale ha affrontato l’argomento in ossequio alla riforma sul processo esecutivo (d.l. 83/2015), in particolare sull’articolo 545 del codice di procedura civile.

Secondo i Supremi Giudici, la norma ora disciplina espressamente la pignorabilità, e di converso la sequestrabilità in sede penale per identità di fatto, anche delle somme versate nel conto corrente provenienti da pensione o da reddito da lavoro dipendente (stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza).

Tali somme risultano pignorabili e di conseguenza sequestrabili solo “per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge”.

Per la Cassazione “il triplo dell’assegno sociale deve ritenersi una riserva per le vitali esigenze del soggetto e della sua famiglia, al pari dei 4/5 del trattamento stipendiale o di pensione. E così l’impignorabilità, in parte, dei versamenti effettuati dopo il pignoramento (o in penale il sequestro)”. La ratio dell’articolo 545 c.p.c. è proprio quello di “consentire al lavoratore o al pensionato un minimo vitale per le sue esigenze primarie e per quelle della sua famiglia”.

La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso, ha quindi cassato senza rinvio l’ordinanza impugnata dal settantatreenne invitando i giudici territoriali a rifare i calcoli per capire l’importo da sequestrare sul conto dell’uomo alla luce del principio di diritto affermato.

Pubblicato da AVVOCATO ALESSANDRO BAVARO

STUDIO LEGALE N. 0964311854

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